I materiali che costituiscono gli interni delle automobili sono soggetti ad un invecchiamento derivante prevalentemente dalla radiazione elettromagnetica luminosa del sole e del calore che questa radiazione induce.
Oggi ti voglio informare che l’ente americano SAE (Society of Automotive Engineers) ha elaborato un metodo che permette di eseguire un invecchiamento accelerato in laboratorio, in condizioni standard e ripetibili, mediante l’utilizzo di una apparecchiatura dotata di lampade allo xeno (xenotest). Il metodo è identificato con la sigla J2412.
Lo scopo della norma SAE J2412 è quello di definire un metodo per simulare condizioni ambientali estreme che possono verificarsi all’interno dell’autoveicolo a causa della luce solare, del calore e dell’umidità, con il fine di predire il comportamento dei materiali per interno autovettura.
Il metodo è applicabile a materiali plastici e metallici, vernici, tessuti e stoffe.
Tali tipi di materiali sono esattamente quelli presenti in una vettura, partendo dalle parti verniciate della carrozzeria, passando per le plastiche del cruscotto e dei rivestimenti, fino ad arrivare ai tessuti dei sedili e dei pannelli.
Come anticipato, l’apparecchiatura utilizzata per eseguire la prova è una camera xeno test, dotata di tre lampade a scarica allo xeno controllate elettronicamente per mantenere un’irradianza costante sul campione.
Sono poi presenti i filtri (uno per ogni lampada) che ricreano le condizioni di illuminazione naturale del sole. In particolare, nel caso della norma SAE J2412, si utilizza un filtro denominato “Extended UV” che crea una maggiore componente ultravioletta rispetto alla luce naturale. In questo modo la prova risulta più severa poiché la componente UV è quella che provoca i danni maggiori nei materiali con funzioni estetiche.
A corredo dell’apparecchiatura, viene utilizzato un radiometro per verificare la calibrazione delle lampade e assicurare che ai campioni in prova venga fornito il valore di irradianza corretto. La calibrazione dell’irradianza si esegue periodicamente, ad intervalli fissi calcolati automaticamente dall’apparecchiatura.
Posizionato il filtro corretto ed eseguita la calibrazione, è necessario programmare l’apparecchiatura secondo le prescrizioni fornite dalla norma.
Il ciclo di prova è costituito da due step, con i seguenti parametri:
- Fase 1: presenza di radiazione luminosa con irradianza pari a 60 W/m2 TUV, temperatura della camera 62°C, umidità relativa 50%, durata 3 ore e 48 minuti.
- Fase 2: assenza di radiazione luminosa, temperatura della camera 38°C, umidità relativa 95%, durata 1 ora.
Analizzando i parametri di prova, puoi notare che si alternano due fasi caratterizzate da presenza o meno di radiazione luminosa.
La fase con la luce simula l’esposizione solare diurna con elevate temperature e umidità intermedia, mentre la fase di buio è caratterizzata da temperatura più bassa ed elevata umidità della camera di prova, simulando pertanto una condizione notturna con condensazione di umidità.
La temperatura e l’umidità sono tipici parametri che vengono considerati nelle prove di invecchiamento, e riguardano anche, ad esempio, prove in camera climatica.
Come anticipavo prima, il parametro fondamentale di una prova di invecchiamento allo xeno test è l’irradianza, che si misura in watt per metro quadrato. In maniera molto semplice, puoi considerare questo valore come la luminosità delle lampade. Il parametro viene rilevato in tempo reale dall’apparecchiatura mediante radiometri interni. Tutto questo per assicurare la maggior accuratezza possibile dell’intensità luminosa prodotta dalle lampade.
La durata di una prova di xeno test, solitamente, non si misura in ore ma in energia totale di esposizione, espressa in kilojoule su metro quadrato (kJ/m2).
In parole povere, è l’energia totale che il campione riceve durante l’esposizione alla radiazione delle lampade, rapportato ad una superficie unitaria pari a 1 metro quadrato. Ovviamente, si avrà l’incremento di questo valore solo nella fase di luce, quando le lampade sono accese.
Sebbene la durata di una prova di xeno test sia in funzione dell’energia totale irradiata sul campione, è comunque possibile conoscere in anticipo la durata in ore di una prova.
Questo perché l’apparecchiatura dispone anche di un conta-ore. Facendo una semplice proporzione tra l’energia emessa e il tempo di prova trascorso, posso fornirti una indicazione di quanto potrà durare la prova.
Una volta programmata l’apparecchiatura, è possibile posizionare i campioni sulla griglia del vano di prova.
L’apparecchiatura del nostro laboratorio motivexLab dispone di un vano che permette di ospitare campioni tridimensionali, che si sviluppano anche in altezza. Questo rappresenta un bel vantaggio per te, perché potrai far testare i tuoi componenti automotive così come sono, senza doverli ridurre a piattine esemplificative.
Guarda il video e vieni a vedere direttamente nel laboratorio MotivexLab, conforme per lo standard IATF 16949, come vengono testati i componenti automotive secondo SAE J2412.
Luca farà da Cicerone.
Devi sapere infatti che le vecchie apparecchiature per lo xeno test erano costituite da tamburi rotanti che permettevano il posizionamento solo di campioni di forma piatta.
Con le apparecchiature per xenotest di MotivexLab, possiamo invece sottoporre a prova anche particolari interi di altezza fino a 200 mm.
La prova procederà seguendo in modo ciclico le fasi programmate, fino al raggiungimento della quantità di energia totale per metro quadrato impostata. Preciso infine che questo parametro non è indicato nel metodo di prova, ma solitamente è scritto nel capitolato automotive di riferimento del materiale in esame.
Il capitolato di riferimento conterrà anche le caratteristiche da rilevare a fine prova, e i relativi requisiti.
Tratterò questo argomento in modo più approfondito prossimamente.
Dott. Carlo Chiampo
Responsabile delle Prove MotivexLab
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